Cerchio maledetto

Premessa.

Attenti osservatori (e lettori) ci hanno fatto notare che il brano precedente era iniziato lasciando immaginare che si sarebbe trattato del pensiero laterale. E, invece, nel prosieguo, del tema se ne sarebbe persa ogni traccia.

Derogando, perciò, all’abitudine di presentare un gioco preso a caso dai nostri manuali, ne presentiamo uno scelto di proposito per cercare di riparare a quanto ci è stato rimarcato.

Lo facciamo con Cerchio maledetto, vedi sotto, che in un ipotetico percorso di addestramento al problem solving, potrebbe essere associato ad un altro bellissimo strumento, Nodo (vedi sempre sotto), molto adatto per condizioni diverse da quelle purtroppo  imposte oggi dalla pandemia.

Pensiero laterale e ristrutturazione

Non per voler a tutti i costi mettere i puntini sulle i, come si suol dire, o cercare il bandolo della matassa, ma, ad onore del vero, non è poi tanto condivisibile che sinora avremmo trascurato il tema del pensiero laterale. In quanto, a nostro avviso, senza nulla togliere, ce ne guardiamo bene, al suo inventore Edward de Bono, lo abbiamo sempre considerato una geniale applicazione ad ambiti specifici, della sottile arte della ristrutturazione, per stare al titolo di un paragrafo del testo di Paul Watzlawick, Change, Roma, 1974.

Con ciò non vogliamo in alcun modo stabilire un ordine né temporale, nè tantomeno gerarchico, tra i due autori. Ci riferiamo, molto più semplicemente, invece, al nostro percorso. Nelle nostre letture, infatti, abbiamo incontrato prima Watzlawick e in seguito de Bono. Tutto qui.

Nondimeno, riteniamo i contributi del secondo più direttamente incentrati sullo studio e creazione di metodi per giungere alla soluzione creativa dei problemi, destinati ad influenzare le metodologie educative e didattiche.

Peraltro lo stesso de Bono ha scritto le proprie opere perlopiù senza accompagnarle con citazioni bibliografiche (il che invece ci avrebbe aiutato non poco nello stabilire i propri debiti culturali).  Sennonchè,  qualche editore che aveva cercato di metterlo alle strette sull’opportunità invece di ricorrere alle note bibliografiche, si era sentito chiedere come avrebbe potuto citare qualcuno, se ciò che scriveva era esclusivo frutto del suo pensiero?

Comunque, al di là delle curiosità e dei vezzi del Nostro, non si sarebbe offeso (è venuto a mancare solo qualche mese fa) se allora ci sentiamo autorizzati a fare noi i collegamenti che riteniamo più opportuni.

Il nostro interesse per l’autore però è particolarmente motivato dal fatto che egli si è sempre speso per individuare le metodologie e gli strumenti applicativi utili a concretizzare le sue teorie.

Ad esempio, in Edward de Bono,  Il pensiero laterale, come diventare creativi, Milano 1967,  si menziona il brainstorming, di cui abbiamo già parlato, come sistema per incoraggiare gli incontri casuali ma fecondi tra le idee. Ma non solo, l’autore arriva a testimoniare che presso una società mineraria, portò, attraverso specifiche sedute basate sul suo uso, all’invenzione di centinaia di idee da parte dei minatori: coloro, cioè, che conoscendo maggiormente le mansioni da svolgere, sono gli unici in grado di introdurre le migliori innovazioni.

Il che è non è molto distante da ciò su cui fa leva la qualità totale proveniente dall’oriente.

Il mercante, la fanciulla e l’usuraio

Per un approccio diretto al pensiero laterale, Edward de Bono esordisce nel primo capitolo del testo appena citato, con una storia che noi riportiamo traendola dal sito Giochicreativi

Nella vecchia Londra di inizio Novecento viveva un mercante con la figlia. Gli affari non andavano più come una volta e via via col passare degli anni il mercante si era indebitato sempre più con Peppino l’usuraio.

Questo usuraio, brutto e vecchio un giorno vide la bellissima figlia del mercante e se ne innamorò, così propose al mercante di risolvere il debito in cambio della mano della figlia.

l mercante e sua figlia rimasero inorriditi dalla proposta, ma l’usurario minacciando di portargli via tutto, gli propose di lasciare decidere la provvidenza…

Lui avrebbe messo in un sacchetto due sassolini, uno bianco e uno nero e la ragazza ne avrebbe estratto uno a caso: (Entrambe le possibilità hanno un 50% di verificarsi)

  • se il sassolino estratto fosse stato nero la ragazza sarebbe andata con l’usuraio e il debito sarebbe stato saldato
  • se invece il sassolino fosse stato bianco il debito sarebbe stato risolto e la ragazza sarebbe rimasta col padre

Però la ragazza vide che l’astuto usuraio raccolse dalla ghiaia del vialetto del giardino del mercante due sassolini neri. Seguendo un percorso di logica sequenziale le soluzioni possibili sarebbero state inaccettabili difatti smascherare l’imbroglio avrebbe portato alla bancarotta del padre mentre pescare il sassolino – sicuramente nero – l’avrebbe portata tra le braccia dell’usuraio.

Come avreste agito voi?

Molti di voi probabilmente conoscono già la soluzione, ma per continuare il discorso che prescinda dalla conoscenza di tale aspetto, possiamo, senza svelare la soluzione, riferirci ad un altro esempio, stavolta cinematografico, per illustrare il mirabile fascino delle soluzioni laterali. Ci riferiamo al celeberrimo film  La stangata, 1973, diretto da George Roy Hill, vincitore di 7 premi Oscar.

Si tratta di una vicenda oggi improponibile data la simultaneità della trasmissione dei dati. Ma la cui assenza, all’epoca in cui è ambientata, diventa il fulcro di tutta la narrazione. Che vede la perpetrazione di una colossale truffa in danno di un potente gangster.

Ebbene, ciò che a noi interessa è che i due protagonisti della vicenda, interpretati da Paul Newman e Robert Redford, utilizzano un elemento molto importante per mettere a segno il colpo. Ossia, con quella particolare capacità di penetrazione psicologica, di cui si avvalgono gli autori dei reati di destrezza, utilizzano le caratteristiche psicologiche della vittima per irretirla e portarla a perdere una somma colossale senza potersi difendere ricorrendo ai mezzi a lui più congeniali.

Questa sorta di meccanismo che non lascia scampo alla vittima, dopo aver fatto leva sulle forze di questa, rappresenta ciò cui l’autore ricorre in altri esempi, non a caso tratti dal mondo dell’illusione e dell’imbonimento, ossia il confronto tra il pensiero verticale, coltivato dalle vittime, e il pensiero laterale.

Guardie e ladri

Ovviamente il pensiero laterale non si presta soltanto, come nei programmi per le guardie, ad istruire anche i ladri, cosa che varrebbe per qualsiasi tipo di informazione, ma soprattutto si prefigge di mettere in discussione i consueti parametri con cui affrontiamo i problemi. I quali, proprio quando si rivelano insolubili, ci devono suggerire il ricorso a percorsi basati su logiche diverse da quella lineare. Il che, ancora una volta, conferma la plausibilità del nostro accostamento alla ristrutturazione come evidenziata nel gioco dei nove punti (e sua prova del nove).

I nodi nella storia e dintorni

Eppure i nodi, non tanto quelli presi come unità di misura in mare, hanno rappresentato la prima trappola che ha permesso all’uomo di abbracciare l’idea di non dover più inseguire la preda. Ma di attirarla a sè e poi immobilizzarla. Il che ha rappresentato un doppio rovesciamento logico. La preda è quella che non viene più inseguita, ma, soprattutto, si fa catturare. In fondo, infatti, ed è una osservazione ovvia, il nodo diventa tanto più stretto, quanto più la vittima cerca di liberarsi.

Purtroppo allo stesso principio risponde il nodo scorsoio dell’impiccagione. Più è pesante il corpo del condannato e più sarà istantanea la morte.

Il nodo gordiano

Ma il nodo non è solo una trappola ma una prova non solo fisica ma anche mentale perciò diventata nei secoli metafora, Dal giorno in cui Alessandro Magno a Gordo spezzò con un colpo di spada il nodo che per diventare imperatore avrebbe dovuto sciogliere con pazienza.

Non tutti i nodi possono sciogliersi però con un taglio netto. Non così, almeno nel caso della disputa tra le due madri in contesa per un figlio, davanti al re Salomone. Anche se la prospettiva da lui agitata di una soluzione di dividere il bambino in parti uguali, ebbe il merito di rivelare chi ne fosse la vera madre. Precisamente quella che si oppose ala soluzione: meglio sapere il figlio vivo, benchè affidato ad altri, che averlo morto, peraltro dimezzato.

Il nodo del gruppo

Tra le situazioni complesse -o complicate- per eccellenza, conosciamo la realtà del gruppo. Non a caso tradisce tale caratteristica il fatto che il termine tedesco significa groppo, nodo appunto.

In realtà il gruppo si propone a metà strada come un struttura che aiuta e protegge gli individui e che consente loro di fare ciò che altrimenti sarebbe impossibile o più gravoso, ma pure che potrebbe soffocarli. Ne abbiamo già parlato quando abbiamo fatto la distinzione tra il gruppo costituito da assertivi e il gruppo come rifugio.

Ma quale strategia usereste per affrontare il secondo gioco?

Ebbene, a me è  capitato di vederne adottata una che rappresenta una vera applicazione concreta della teoria del pensiero laterale.

Mentre uno dei prescelti a provare ad entrare nel cerchio adotta la strategia usuale di provare a separare le persone che lo formano, cosa che esse si aspettano, un’altra, aiutata da un’altra ancora, o dalla precedente, si fa calare dall’alto al centro del nodo che si è serrato  per la resistenza opposta all’altro giocatore.

L’atterraggio sarà garantito da questa stessa forza. Come a dire, il cerchio paradossalmente arriva a  facilitare ciò che cerca strenuamente di evitare. Insomma, ancora una volta la soluzione di tipo 2 si rivela efficace dopo che la soluzione di tipo 1 fallisce. In questo caso però entrambe vengono giocate contemporaneamente e in sinergia.

Possiamo parlare di una strategia di tipo 3? Si opporrà Paul Watzlawick? E tale sinergia avrebbe soddisfatto Edwuard de Bono?

In entrambi i casi, essendo l’uno e l’altro passati a miglior vita, non lo sapremo mai.

Pier Gavino Sechi.