La re-missione del prevaricatore

Premessa.

Nello sviluppare il filo del discorso del brano precedente, ci soffermiamo sulla posizione esistenziale del prevaricatore che, per usare un’ immagine, sia appena uscito dalla stanza in cui si è tenuto il confronto con l’assertivo. Ebbene: c’è stata la re-missione del prevaricatore. Egli ha appena riconosciuto in sostanza di essere un prevaricatore che ha scalato tutti i gradi gerarchici dell’organizzazione che dirige. Come ve lo immaginereste? Affranto? Persino distrutto?

E se vi dicessi che invece sta benone? Certo, la chiacchierata riservata con l’assertivo non è stata mica una passeggiata sui prati primaverili. Ma è persino rilassato.

Chiariamo subito che anche l’assertivo sta benone. Lo precisiamo, per evitare, non si sa mai, che si sia pensato che l’aria distesa del (l’ex?) prevaricatore sia dovuta all’aver ucciso il suo interlocutore e magari all’essersi sfogato sul suo cadavere!

Dopo il confronto

Invece no. Ecco la sorpresa. Nessuno ha vinto o perso nel senso classico dei termini.

I due, infatti, non hanno affrontato un duello rusticano. E il prevaricatore non ha dovuto pronunciare la abiura di se stesso sino ad una totale sconfessione della sua persona e del suo modo di vivere. Magari in ginocchio sotto la minaccia della spada alla gola, dopo essere stato disarmato dall’abile spadaccino.

Se fosse così non potremmo più definire un gioco a somma diversa da zero quello che si è giocato in quella stanza a porte chiuse. Ma al contrario dovremmo ammettere la sconfitta dell’assertivo.

Allora, che cosa può essere successo?

Quanto avremmo dato per essere presenti a quel dialogo! Se potessimo essere invisibili e intrufolarci nella stanza del capo, avremmo assistito a un confronto singolare.

In cui, contrariamente alle attese, l’assertivo non pretende rovesciamenti di sorta. Non ha richiesto il colloquio per tentare la conversione del capo. Nondimeno tocca un tasto decisivo nella vita del prevaricatore. Che equivale ad una re-missione. Ossia ad una nuova mission e a una nuova visione del mondo.

Ricorda questa operazione quelle manovre degli antichi osteopati, io ne visto diversi in azione nella mia infanzia, che con movimenti rapidi e sicuri, frutto di insegnamenti centenari, riparavano arti da slogature e altri tormenti indomabili per le truppe regolari della medicina ufficiale.

Similitudini nella differenza

Partiamo nella spiegazione da una prima domanda forse sconcertante: davvero sono così lontane le due posizioni esistenziali che si sono confrontate?

In realtà no. Esse anzi hanno un formidabile elemento in comune. Cioè, entrambe pensano di essere ok. Ma non nel senso classico di due galli nel pollaio. Perchè, e qui, invece, sta la differenza, c’è un elemento che li separa. Che mentre l’assertivo pensa che il prevaricatore, si anche lui perchè no?, malgrado tutto, sia ok, non altrettanto pensa di lui il prevaricatore. Ma non per qualche ragione particolare o personale. No, in quanto è proprio costruita così la sua posizione esistenziale. Credere in se stessi proprio perchè non si ha fiducia negli altri. Al distruttivo, altra figura esistenziale, ricordate?, in fondo è andata anche peggio: non credere neppure in se stessi proprio perchè non si ha fiducia begli altri.

Frammenti di dialogo

Ebbene ciò che l’assertivo ha espresso al prevaricatore, è sostanzialmente riassumibile così.

Che tu valga siamo d’accordo, lo pensi tu e lo penso anch’io. Del resto la posizione che ricopri in questa azienda lo conferma. Ma a che prezzo? Ritenersi solo e dunque arroccato sulle proprie conquiste è diventato  inevitabile. Infatti devi considerare che se il successo è stato ottenuto a discapito degli altri, ora sei in trappola. C’è da temere, infatti, la vendetta dei calpestati.

Però non bisogna buttare via il bambino con l’acqua sporca (metafora rozza ma efficace). Bisogna cambiare qualcosa. Dall’efficacia bisogna passare all’efficienza. Si, perchè tu hai dimostrato di essere una persona che sa arrivare all’obiettivo, ottenendo però un tipo di vittoria che non è quella più efficiente. Si può arrivare ad una vittoria diversa. Meno amara, meno macchiata di sangue. Che si regga da sola, senza l’ombra della paura e la fatica di conservarla a tutti i costi. Come accade in quella che Gherardo Colombo chiama società verticale per contrapporla alla società orizzontale in Sulle regole, Milano, 2008.

La vittoria dimezzata

Perchè se si vince a discapito degli altri, la vittoria è poi destinata a lasciare lo spazio a quella che si chiama il dopo sbornia. I festeggiamenti si concludono e lasciano lo spazio alla gestione anche del post vittoria contro l’assalto, la rivendicazione dei nemici.

Ecco in che cosa consiste la re-missione del prevaricatore: cambiare la strategia non l’obiettivo.

In sostanza, il prevaricatore sa vincere, ma vittorie dimezzate.

Dunque bisogna cambiare strategia  e adottare quella all’insegna dell’efficienza. Cioè una vittoria conseguita concependo i conflitti come giochi a somma diversa da zero.

Ma che cosa cambia in fondo rispetto a quelli a somma zero? Significa forse non vincere affatto o addirittura non combattere?

No, si tratta di avere presente quell’altro livello di cui abbiamo parlato la settimana scorsa. La vita diceva, appunto, Paul Watzlawick. La qualità della vita aggiungeremmo noi.

Beni materiali e beni immateriali

Del resto ci sono dei beni, come l’affetto e la reputazione, che non essendo oggetti, ma frutto della qualità delle relazione con gli altri, non possono essere ottenuti se non concependo le partite come a somma diversa da zero. Non ci sono alternative. Il capo, se è un toxic leader, come abbiamo accennato in un altro brano,  può pretendere obbedienza, ma non stima.

Un gioco-metafora come simbolo del confronto

Per meglio rappresentare la dinamica del confronto-scontro che si è svolto tra assertivo e prevaricatore, ci rifacciamo alla descrizione del gioco Cazzotto (vedi sotto).

La sua dinamica attraversa queste tre fasi fondamentali: confronto iniziale, utile per saggiare le forze in campo; le schermaglie di presa delle misure; lo sbilanciamento provocato dalla rottura della simmetria da parte dell’assertivo; la cura a che la persona sbilanciata non abbia conseguenze dannose.

Si tratta di un ‘esercizio che richiama alla mente i segreti delle arti marziali. Laddove gli avversari cercano di sbilanciarsi a vicenda e quando ci riescono la caduta dell’avversario è tanto più rovinosa quanto maggiore è stata la forza con cui ha cercato di portare a segno il colpo.

Sennonchè, in Cazzotto, allo sbilanciamento non segue la caduta dell’avversario, ma il suo salvataggio.

Tirando le somme

Abbiamo visto che l’assertivo che decida di rimanere in un contesto, deve usare le strategie sia di individuare altri assertivi per creare più efficaci possibilità di azione, sia di affrontare gli strali del prevaricatore. Stando attento che questi agisce col supporto dei remissivi. Se attaccato dal prevaricatore, l’assertivo non deve farsi mettere in trappola e rispondere simmetricamente agli attacchi. Finirebbe sia per porsi su un terreno in cui l’aggressore è più forte, sia per perdere credibilità e coerenza (necessarie nel lungo periodo). Deve affrontare il prevaricatore con l’ironia e l’adultità: stando sul contenuto della contesa. Cercando di difendersi senza perdere e senza far perdere la faccia al prevaricatore.

La fase decisiva

Deve quindi aprire un dialogo personale col prevaricatore. In modo da confermarne il valore in quanto persona che riesce a ottenere ciò che vuole (le altre posizioni esistenziali, invece, sono molto limitate da questo punto di vista) ma facendole aprire gli occhi sui mezzi che usa. Infatti, con essi la vittoria che ottiene non sarà mai definitiva ma continuamente insidiata da coloro che sono stati sconfitti (gli scheletri nell’armadio)

Rimane da chiarire perchè il prevaricatore dovrebbe farsi convincere? E soprattutto come può accettare di cambiare il suo modo di ottenere le vittorie, che funziona tanto bene ?

Alla prima domanda si può rispondere in questo modo: perchè l’assertivo quando parla al remissivo sta parlando della propria esperienza di cambiamento ancora in atto (in quanto mai definitiva).

Alla seconda possiamo rispondere: il prevaricatore è persona tenace e amante dell’ autodisciplina, saprà apprezzare la nuova sfida.

Rimane ancora da indagare questo aspetto: come si impara l’assertività?

Pier Gavino Sechi.