Cose

Premessa.

La prosecuzione del discorso iniziato nel brano Fattoria degli animali impone una scelta ardita. Portare alle massime conseguenze il suggerimento ricavato dalla “risposta” che le nostre scimmiette avevano dato al nostro brano intitolato Telegiornale.

Come ricorderete, infatti, ci avevano risposto facendoci trovare la descrizione del gioco Fattoria degli animali, senza ulteriori indicazioni. Al che, per dare un significato  a tale gesto, abbiamo scelto di rimanere sul solco del brano Telegiornale. Ossia provare a vedere la realtà, in quello scritto rappresentata dalle tumultuose vicende dell’Afghanistan, da un punto di vista non umano.

Obiettivo che riteniamo incompleto se però non proviamo a fare l’ulteriore sforzo di “immedesimarci” nelle cose.

Ecco lo scopo del brano di oggi. Immedesimarsi “volontariamente”, per quanto possibile, nelle cose, per essere più empatici con gli altri esseri umani. Come se fossimo un saltatore in alto che sa bene che, per avere buoni risultati nella sua specialità, deve essere un atleta completo.

Con una scoperta. Che immedesimarsi nelle cose, anche se all’inizio può essere finalizzata ad essere più empatici, subito si ribella a questa sua accessorietà. Scardinando la gerarchia che vorrebbe l’uomo fine e tutte le cose “mezzi”  a sua disposizione.

In primo luogo per questo il brano di oggi lo abbiamo intitolato Cose. Ma non è l’unica ragione.

Perchè Cose?

Per la scelta del titolo ci siamo ispirati a quello del testo di Felice Cimatti, Cose, Torino, 2018. 

Si tratta di una lettura che sorregge quel punto di vista del non umano appena iniziato ad usare in Telegiornale. Consapevoli ovviamente che le cose non parlano, proprio in quanto, come dice Felice Cimatti, le cose non sanno proprio che farsene del linguaggio.

Ed invece a noi sembra a questo punto indispensabile il punto di vista delle cose, per provare ad uscire da quella posizione di centralità nell’ecosistema, principale causa della situazione di crisi ecologica in cui ci troviamo.

Siamo partiti dal ritenere la nostra specie incardinata al centro del mondo, classificato e ordinato col nostro linguaggio. Ma questa operazione così necessaria è servita solo per rafforzare tale supremazia. E dare un nome alle cose sinora non è servito a renderle soggetti. Sono pur sempre rimaste oggetti.

E da ciò al fatto di usarle a nostro piacimento sino non solo alla loro distruzione, ma alla nostra stessa autodistruzione, il passo si sta rivelando brevissimo.

Siamo come il Re Mida, come dice Felice Cimatti, che prima riceve da Dioniso il dono di trasformare in oro tutto ciò che tocca. Per poi imploralo a toglierglielo perché in oro trasforma anche tutto ciò che gli serve per nutrirsi.

Cose: un nuovo gioco.

In questo tentativo di diventare più rispettosi delle cose provando ad immedesimarsi in loro, si inserisce il gioco Cose creato in occasione del brano di oggi (vedi al termine).

Lo abbiamo immaginato sia per spiegare ancora meglio l’utilità del gioco in generale. Cioè che in concreto è in grado di spiegare molto meglio di mille parole. Che, riferendoci al gioco nello specifico, per suggerire  l’idea che immedesimarsi in una cosa, con buona pace di quel tipo di identificazione che sta alla base dell’alienazione marxiana, può aiutare a conoscere meglio se stessi. In fondo nella gamma dei giochi dei nostri manuali, tantissimi sono basati sull’immedesimazione in animali. Pochissimi in cose. Perlopiù gli oggetti, previsti tra i materiali utili allo svolgimento dei giochi, servono per mettere in relazione i partecipanti. Nulla di più.

Da oggetto a soggetto

Ovviamente dobbiamo sempre ricordare che scopo di questi brani è cercare di andare in profondità, per quanto possibile, delle cause della crisi ecologica che stiamo vivendo.

E saremmo dei folli se pensassimo che un contributo potrebbe basarsi ancora sulla parola se, secondo Felice Cimatti, è questa una delle cause del problema.

Del resto, convincerci che le cose da oggetti devono diventare per noi soggetti è proprio una delle vie indicate da diversi autori per avere più rispetto della Natura. E’ questa, ci pare, l’idea dello stesso Vittorio Hösle. Un’ operazione, però, ancora una volta linguistica.

La proposta di Felice Cimatti, invece, un po’ come il nostro gioco Cose, prescrive un’immedesimazione nelle cose per provare a condividere la loro condizione di assenza delle parole, di “mutismo”.

Il rispetto delle cose

Non toglie comunque che le proposte di questi due autori (considerare soggetto e non oggetto le cose e la Natura e “solidarizzare” con le cose ) ci pongono questa domanda. Cosa fare per per avere più rispetto per gli oggetti.

Ci sono altre  modalità ancora tutte da esplorare? Ad esempio l’economia parte del presupposto che i beni necessari a soddisfare i bisogni umani non sono infiniti. Per cui la sua ragion d’essere diventa quella di cercare di conciliare la tendenziale voracità dei bisogni dell’uomo con la finitezza delle risorse. Verità ancora tanto attuale da aver reso resistenti nella storia del pensiero economico le teorie maltusiane che, appunto, si basano su di essa.

In breve ricordiamo che Thomas Robert Malthus non solo ammonisce sull’esaurimento delle risorse, ma sostiene che la loro disponibilità cresce in misura molto più lenta della crescita della popolazione. Infatti  la popolazione tenderebbe a crescere in progressione geometrica, quindi più velocemente della disponibilità di alimenti, che crescerebbe invece in progressione aritmetica.

Come si vede, il mito della crescita illimitata è stato infranto già alle fine dell’ottocento. Ben prima, insomma, che dalle sue ceneri riemergesse l’idea dello sviluppo sostenibile e della decrescita felice. In ogni caso, per una interessante analisi dei problemi legati alle modalità con cui si cerca di “esportare”  lo sviluppo, anche in zone geografiche tendenzialmente omogenee, si consiglia la lettura di Tonino Perna, Lo sviluppo insostenibile, Napoli, 1994.

Testo che, tra l’altro, merita un posto tra quelli necessari per comprendere i fenomeni di reazione, anche a livello di ordine pubblico,  ai processi a tappe forzate di omogeneizzazione di realtà diverse.

L’invenzione del gioco degli scacchi

Ritornando alla differenza tra crescita aritmetica e crescita geometrica vale la pena ricordare la leggenda del bramino di Sessa, che allude a quanto l’uomo abbia difficoltà nel raffigurarsi le progressioni di tipo geometrico.

Il paradosso del silenzio

Il processo di maturazione dell’empatia, attraverso la solidarietà col regno minerale (ricordate la classificazione imparata a scuola?), potrebbe forse migliorarci. In particolare si tratterebbe di raccogliere le invocazioni se non allo stare inerti quantomeno a rallentare i ritmi con cui stiamo trasformando l’ecosistema.

Sarebbe, però, come togliere il piede dall’acceleratore di un veicolo sino a quel momento lanciato alla massima velocità. Prima che si fermi autonomamente il rischio è, infatti, di schiantarsi contro il primo ostacolo sulla strada.

Allora? Il sospetto che sorge è che invece  le stesse forze che sinora abbiamo messo per accelerare, le dobbiamo impegnare nella frenata. E pure questa non garantisce che il mezzo si fermi subito, ma soltanto  un po’ prima.

Al di là della metafora, sembra di sentire quanti avvertono che sarebbe solo la tecnologia -cosa diversa dalla scienza- in grado di toglierci dai guai che con essa stessa abbiamo prodotto. Un circolo vizioso, al pari del provare a parlare del mutismo delle cose. Come fa paradossalmente, ma consapevolmente, Felice Cimatti nel suo Cose.

 Il messaggio alle tre scimmiette.

Concludiamo il brano con una precisazione. Aver oggi introdotto un nuovo gioco non vuole tanto mandare un messaggio alle nostre ineffabili scimmiette, del tipo: se voi mi indicate (imponete?) i giochi da spiegare, io reagisco a costo di andare fuori catalogo inventandone di nuovi.

Al contrario, vuole essere un tentativo di riprendere a giocare ad inventare nuovi modi per vivere e raccontare, non solo con le parole, il periodo che stiamo vivendo. Malgrado i conti alla rovescia sempre più assordanti che si sentono ovunque.

Pier Gavino Sechi.