Carte

Premessa.

Quello di oggi, Carte, è un gioco che ha la finalità di allenarci a classificare senza irrigidimenti.

La classificazione di per sé è operazione assai insidiosa che consiste nell’inserire sotto una stessa etichetta elementi diversi ma assimilabili almeno per un fattore. La cui individuazione pone questioni di non poco conto.  Che sono la conseguenza della mediazione  tra la specificità di ogni caso concreto e l‘esigenza di economicità (abbiamo  già parlato di ciò in passato a proposito del rasoio di Occam). La quale richiede che per prendere le decisioni su casi concreti, le strategie debbano essere in numero inferiore rispetto ad essi. Pena non soltanto la impossibilità di decidere, ma persino la stessa sopravvivenza dell’individuo.

Ogni giorno il primo giorno?

Per dimostrare che tale affermazione non è affatto esagerata, può servire un semplice esempio.  Senza la capacità di classificare saremmo costretti ogni giorno a viverlo come se fosse il primo, come nel film del 1992 di Harold Ramis, Ricomincio da capo.  Persino attraversare la strada rappresenterebbe un’esperienza rischiosissima.  Che non potremmo affrontare con quella rapidità e sicurezza che solo l’esperienza, e dunque una classificazione dei casi concreti già vissuti, ci può offrire. Tanto vale rimanere a casa. Ma anche la nostra dolce casa potrebbe rivelarsi una trappola,  se dovessimo imparare tutto da capo ogni giorno. Senza la possibilità di classificare e memorizzare, infatti,  come potremmo parlare di esperienza? E dunque come imparare anche solo dall’errore? E’ come se fossimo animali a scopo determinato, guidati solo dagli istinti. E già sappiamo che questi tipi di animali non hanno storia, come dice Umberto Galimberti.

I significati  del termine esperienza

Il termine esperienza, ha almeno due significati. Il primo è legato all’esperire, al provare, al vivere una situazione. Il secondo a ciò che rimane in noi in seguito a tale fase. Ecco perché possiamo dire che stiamo esperendo, e cioè, stiamo avendo esperienza  di o su qualcosa. Ma pure che ci siamo fatti una certa esperienza dopo che abbiamo vissuto una data situazione. Insomma, il primo significato si riferisce ad un’azione in corso, il secondo ad una azione trascorsa.

Periti per non perire: l’importanza delle mappe

Insomma per vivere dobbiamo essere periti, esserci cioè peritati, resi esperti, di ciò che dobbiamo fare. Replicando i comportamenti che ci hanno dato risultati positivi e scartando, viceversa, quelli che sono risultati fallimentari.

Tale regola della parsimonia, volta a raggiungere gli obiettivi impiegando la minore quantità possibile di energia, vale a tutti i livelli, permettendo  di creare delle vere e proprie mappe dentro un  più esteso campo di possibilità.

Alla celerità nella presa delle decisioni, la mappa contrappone, però, il rischio di fissità. Ossia la tendenza a confermarsi in situazioni che differiscono anche notevolmente da quelle originarie sulle  quali si è formata. In questo caso, infatti, non basta adattarla a situazioni simili a  quelle consuete. Proprio perché si tratta, appunto, di circostanze nuove. Anzi, agire come di consueto in questi casi origina quel vizio logico per cui la soluzione diventa il problema.

Tenere d’occhio i cambiamenti

Si può, però, fare in modo che la mappa possa essere rielaborata attraverso  l’individuazione di nuovi elementi di somiglianza tra la precedente esperienza e le novità. E ciò sarà ancora più possibile se la mappa precedente fosse stata usata già ben consapevoli della sua provvisorietà.

Un esempio può essere d’aiuto. Raggiungere una certa meta seguendo un determinato percorso sulla base del rapporto lunghezza del tragitto e tempo di percorrenza, non deve far dimenticare che altre soluzioni ancora più vantaggiose possono già esistere anche se a noi ignote.  O potrebbero emergere successivamente a causa dei cambiamenti del territorio o dei mezzi di trasporto. Insomma in conseguenza dei processi di cambiamento che non si fermano mai.

A tale verifica delle soluzioni sempre migliori vanno dedicate risorse costanti anche se di basso impegno. Col vantaggio di evitare la rigidità della mappa che si rivelerà in tutta la sua gravità davanti ai cambiamenti accumulatisi nel tempo che a noi sembreranno improvvisi ma solo in quanto non costantemente monitorati.

Abbiamo parlato in passato degli inconvenienti della fissità, nella misura in cui la ripetizione di comportamenti genera tattiche e strategie, per poi arrivare agli schemi e infine ai copioni. Tutte condizioni che impediscono il cambiamento anche quando fortemente voluto.

Rimescolare le carte: l’insospettabile affinità con la gallina

Un buon antidoto alla fissità, è costituito proprio, attraverso il gioco Carte, dall’esercitarsi a individuare categorie con cui raggruppare elementi diversi sulla base di qualche loro nuova caratteristica comune. Per poi “rimescolare le carte” ossia procedere a nuovi raggruppamenti sulla base di elementi diversi.

Da questo punto di vista potrebbe così risultare persino divertente ridisegnare il rapporto di affinità tra l’uomo e il cane, radunabili sotto la stessa etichetta, sulla base, ad esempio delle capacità di manifestare i sentimenti, ma destinati ad allontanarsi se individuassimo la categoria Bipedi. Cosa che porta l’uomo ad avere più affinita’ con la gallina che con l’amato cane.

Valori allo specchio: il simmetrico di vita e libertà

Senza trascurare che tale antidoto contro la fissità potrebbe essere efficace anche in altri delicati campi, come quello dei sentimenti. Laddove quello, ad esempio, del possesso potrebbe essere accompagnato alla consapevolezza dell’assenza di quello simmetrico, non opposto,  della perdita. La pienezza con cui si vive il primo sentimento è rinforzata, cioè, dalla consapevolezza dell’assenza del secondo.

Non si tratta di sostituire l’uno all’altro come un semplice gioco gestaltico di rovesciamento di prospettiva ma come un allargamento del campo semantico e dunque dell’esperienza. Vivere significa non essere morti, ce lo dicevano gli antichi. Essere felici, ugualmente, sarebbe una condizione di per sé non ponderabile se non rapportata all’infelicità. Altrettanto possiamo dire per tutti quei beni, come la libertà, che non possiamo apprezzare se non dopo averla perduta.

Cosicché mentre viviamo la condizione attuale ci prepariamo a vivere il suo opposto (la morte mentre viviamo) oppure a combattere perché il suo opposto non si realizzi (la perdita della libertà mentre godiamo di una maggiore libertà).

Per una filogenesi dei sentimenti

Ma come sottrarsi alla la sin troppo facile, ma non altrettanto morale, tentazione di commiserare l’altrui condizione per apprezzare la propria? Come facciamo a uscire dal dilemma tra invidia sociale e, appunto, commiserazione? Possiamo tentare, più che guardare gli altri, di  concentrarci su noi stessi e sulla nostra condizione umana, in una prospettiva storica. A cosa erano costretti, se non i primi uomini sulla terra, ma almeno i nostri avi per cercare, spesso invano, di avere ciò di cui disponiamo oggi?

Ci aiuta in questo la storia con le sue grandi narrazioni. Che partono da quando la vita era costantemente sotto scacco. Minacciata dalle fiere o dalle avversità naturali. Dalle prime trappole per smettere di inseguire la preda, sino alle grandi scoperte che imbrigliarono le forze della natura, siamo giunti ad un punto in cui il problema è diventato non sprecare e distribuire il cibo prima che vada buttato.

Ogni valore attuale può essere analizzato in questo modo. La simmetria dunque può essere colta dal passato. Con una visione diacronica.

Il rapporto mobile tra genere e specie

Il gioco di rimandi e di mai definitive classificazioni, trova una sua curiosa eco nella estrema mobilità del rapporto tra il concetto di genere e specie.

Il che accade soprattutto con riferimento alla nostra condizione di uomini.

Il termine uomo, infatti, identifica la specie umana ma pure il genere maschile. Tuttavia, caso appunto curioso, lo stesso termine genere viene usato sia per intendere la specie umana sia per identificare un determinato sesso.

Non dobbiamo infatti dimenticare che troviamo usata sia l’espressione genere umano che specie umana. E  ciò in evidente contraddizione con i rigidi dettami della logica allorché tiene a precisare che il genere è una categoria che comprende la specie.

Per la nostra umanità, invece, e non pare certo una licenza poetica, i due termini sembrano invertiti: abbiamo perciò la specie umana e il genere riferito ai sessi.

Le violenze dei generi

Ciò non aiuta in un momento storico in cui assistiamo sia al fenomeno della violenza di genere che a quello  della violenza del genere umano sulla natura.

Pier Gavino Sechi.