Premessa.
La lettura del gioco che proponiamo oggi, Ascolto attivo (vedi sotto), è una proposta di ritorno alla semplicità. Non certo in senso riduttivo, ma nel senso di riprendere l’abc del discorso da cui siamo partiti qualche tempo fa. Come quando dopo un lungo viaggio, ritorniamo ad una breve passeggiata. O come quando dopo aver letto un lungo libro ritorniamo a leggere una poesia che magari conosciamo già.
E nel nostro caso serve anche per accogliere quanti con questo brano iniziano a leggere la nostra rubrica Aspettando il futuro. Un modo per rimetterci per quanto possibile in ascolto del lettore (così può fare chi ha preso l’iniziativa di scrivere).
Pensiamo ci siano almeno due tipi di ascolto. Quello in attesa dell’inizio di un dialogo. E quello che si accompagna alla massima attenzione perciò che il nostro interlocutore dice, specie se a seguito di una nostra domanda. Credo che questa seconda tipologia rappresenti l’ascolto attivo espresso nel gioco. Un ascolto, cioè, che presuppone la presenza di un interlocutore e di un dialogo già avviato.
Ovviamente già tale tipo di ascolto è assai impegnativo, ma certo lo è assai di più per chi rimanga in ascolto, in attesa che nasca il dialogo.
Naturalmente perchè ciò possa avvenire esige una condivisione di codici. Altrimenti viviamo la stessa situazione in cui si trova il genere umano che lancia segnali nello spazio con la speranza di ricevere risposte. Il paradosso è che le risposte possono arrivare solo da alieni che condividano il nostro stesso linguaggio (per cui forse neppure potrebbero definirsi tale). E magari per le stesse ragioni di incomunicabilità, tentativi di comunicare con noi altri lo starebbero già facendo altri. Ma con segnali che noi non riusciamo a cogliere per mancanza, appunto, di riferimenti comuni.
Dunque conviene restringere il campo al tentativo di apertura di un dialogo con chi condivide il nostro orizzonte culturale.
Ma già in questo momento possiamo parlare di ascolto attivo? O dobbiamo rimandarlo a quando la comunicazione si sarà stabilita?
Secondo noi si deve praticare anche in tale fase, l’ascolto attivo. Certo con un oggetto diverso da quello successivo all’inizio del dialogo.
Un oggetto che avrà riguardo a tutti quei segnali che comunemente vengono ricompresi nel cosiddetto nonverbale.
Ma poichè sappiamo che non solo il nonverbale è comunicazione ma che è persino impossibile non comunicare, in che cosa consisterebbe il silenzio?