Empatia natalizia.

Introduzione.

Per un attimo sospendendo, ma fino ad un certo punto, il filo rosso che lega i brani che stiamo pubblicando, dedichiamo al gioco Empatia (vedi sotto) quello di oggi, venerdi 25 dicembre 2020. Di questo secolo e millennio il primo, e la specie umana spera l’ultimo, Natale dominato dalle misure di contrasto alla pandemia da Sars-Covid 19.

Il binomio Specie-individuo

Quello dell’Empatia non solo è un tema che ben sembra adattarsi a questo giorno di festa. Ma prosegue il nostro ragionamento sul contrasto, di cui abbiamo trattato in altri brani, tra la dimensione personale e quella relativa alla specie umana di cui siamo parte. Le due realtà parallele ci condizionano e a volte ci mettono di fronte a scelte paradossali. Tra le due però sembra incunearsi e prendere via via corpo l’elemento della cultura col compito appunto di mediare tra di esse.

L’interrogativo che ci poniamo oggi è il seguente: la cultura ci affranca dai vincoli dell’appartenenza alla specie aprendo margini di libertà per la dimensione individuale? La risposta sembra essere affermativa. Gli esempi sono essere molteplici in tal senso. Tra tutti possiamo menzionare, ad esempio, la presa di coscienza della penuria delle risorse onde avvertire il dovere di sottoporre a dei limiti i nostri consumi.

Episodi di empatia: regola o eccezione?

Tuttavia,  nessuna dicotomia deve assumersi in assoluto, ma entrambi i suoi elementi, come in questo caso specie-individuo, se letti in modo complementare possono dare contributi inediti ed fondamentali.

Ecco che possiamo, così,  legare con un unico filo conduttore sia le osservazioni di Danilo Mainardi sui comportamenti di specie animali che, dotate di mero istinto, sarebbero in grado di limitare le nascite in relazione alle risorse disponibili nell’habitat di riferimento. Sia il richiamo di Gandhi a non dimenticare che io e  il mio nemico, in fondo, apparteniamo alla stessa specie. Sia, infine, episodi storici che asseverano la nostra realtà biologica.

Uno dei tanti episodi legati all’empatia molto menzionati in periodo natalizio è proprio costituito dalle tregue non ufficiali tra eserciti nemici che stabiliscono dei cessate il fuoco per consentire il recupero delle salme dei caduti nella terra di nessuno che separa le trincee avverse. E, persino, per scambiarsi doni e vettovaglie.

Certo si può dire che appartenendo alla specie umana tali episodi siano da leggere come il frutto di scelte culturali di reazioni alle brutture della guerra.

Eppure non sarebbe di questo avviso un autore già da noi citato, come Robert Axelrod, il quale in Giochi di reciprocità inserisce tali episodi tra le prove per dimostrare che la cooperazione e l’empatia non costituiscono un incidente di percorso. Ma, al contrario, rappresentano la regola sia umana che comune alle altre specie, persino a quelle prive di sistema nervoso e di cervello.

Dunque, non pare che il richiamo della specie sia meno rettiliano e amorale di quanto sinora abbiamo creduto?

Ma in fondo lo stesso istinto è davvero il contrario della cultura?

Seguendo l’insegnamento dei classici, forse dovremmo, invece, oltreché applicarci nel dividere, peraltro in senso antinomico, imparare a cogliere l’unità.

Del resto lo sviluppo culturale della nostra specie, non solo ci ha allontanato dai nostri istinti, ma sembra sopire i nostri stessi sentimenti, come appunto l’empatia.

L’istinto di sopravvivenza nuova virtù?

E se fosse l’istinto, ad esempio, guarda caso, quello di sopravvivenza, a salvarci?

Lungo le trincee, dopo le pause festose, proibite dagli Alti Comandi militari, si sono ripresi i combattimenti.

Si ritornò alla regola o all’eccezione? Prevalse l’istinto o la cultura? E se la risposta è la cultura può essere chiamata cultura quella della guerra? Ma se la cultura è sapienza può esistere una sapienza negativa? Del resto già gli  antichi Greci affermavano che il male è frutto dell’ignoranza del bene.  Ma la nostra cultura stenta a ricordarsene.

Dovremmo operare perchè l’istinto di sopravvivenza, da ancora individuale, si trasformi in timone a beneficio dell’intera specie.

Pier Gavino Sechi.