Città e villaggi futuri.

Premessa.

Come preannunciato nel precedente brano, nell’ambito del secolo scorso, definito da Eric J. Hobsbawm il secolo breve breve, c’è chi ha definito l’ultima fase, comprendente anche il periodo attuale, come hanno fatto Miguel Benasayag e Ghérard Schmit  L’epoca delle passioni tristi, Milano 2007. In apparenza tale definizione si aggiungerebbe a tutti i tentativi di qualificare la presente epoca storica come quella definitiva, come una sentenza capitale. Un po’ come le profezie dei Maya, se non fosse che riguarda il presente e non un futuro remoto. È un po’ come il giudizio che tende a darsi al Nichilismo fatto coincidere con la sua versione negativa.

In realtà ad un’analisi più attenta come del Nichilismo va valorizzata anche la versione attiva, così anche l’ossimoro epoca delle passioni tristi è solo la pars destruens che introduce a quella propositiva.
La metafora che viene usata dall’autore per esprimerla è quella della clinica del legame. Per identificare l’insieme delle situazioni cui dovremmo essere esposti per riacquistare la capacità di vivere le passioni allegre.
A tale metafora noi oggi affianchiamo quella contenuta nel gioco che rievochiamo oggi dal titolo Villaggio nonviolento.
A ben riflettere, infatti, anche alla base dell’ intera esperienza del training alla nonviolenza si trova la stessa idea. Prendere consapevolezza di determinati automatismi personali e sociali per un futuro migliore. Da questo punto di vista il programma nonviolento non si differenzia da quelli sviluppati dalle rivoluzioni popolari o dai colpi di stato paternalistici. Fare tabula del presente per fare spazio ad un futuro di progresso. Sennonché la differenza decisiva sta nei mezzi. Per la nonviolenza, essendo i mezzi omogenei ai fini, la rivoluzione deve essere disarmata. Il che significa non solo senza il materiale uso delle armi ma con la valorizzazione di tutti gli altri strumenti di conflitto come il dialogo e L’ esempio morale che in un contesto armato e violento appaiono come ingenue alternative.
In ogni caso la prospettiva ottimistico-progressiva postula una risorsa, di cui abbiamo già parlato, costituita dal fattore tempo. Il non tenere conto della penuria o, per alcuni, persino assenza, di esso costituirebbe il loro limite maggiore.