Riflessi e prospettive: visioni nel e vedute dall’oblò

Premessa.

Ora possiamo dire come vediamo la realtà dall’oblò della navicella che ci ospita a bordo. Essendo ermeticamente chiuso non sempre è facile distinguere ciò che vediamo e i riflessi della nostra stessa immagine. Cosicchè parlare degli uni può significare parlare anche degli altri.

E a ben riflettere questa situazione è molto rivelativa di ciò che dovremmo avere sempre ben presente. Ossia che vedere è sempre un guardare, un osservare e infine un interpretare. Davanti allo stesso panorama altri vedrebbero cose diverse da quelle che diciamo di vedere noi.

E nello stesso tempo interpretare è confrontare tra ciò che pensiamo e ciò che vediamo. E questo movimento incessante è già dentro al nostro occhio e alla nostra mente, di cui il primo è finestra aperta sulla realtà.

Il movimento negli occhi

Come testimonia la figura ambivalente che presentiamo alla fine del presente brano. Che abbiamo intitolato in un recente seminario “…eppur si muove”. Come si racconta ebbe a dire Galileo Galilei dopo la sua abiura alla teoria dell’eliocentrismo.

Sguardo d’insieme

Da quassù, da questa navicella abbiamo una visione più ampia, essendo più largo l’orizzonte di fronte a noi. Sembra dominare la circolarità da qui su. Il che potrebbe apparire contraddittorio,. Dato che nello spazio  non è facile scorgere confini, ma laddove si incontrano linee queste sembrano convergere. Senza che si sappia se la circolarità sia un’eccezione oppure la regola che il nostro occhio ha il limite di non scorgere.

La linea del tempo

Da quassù possiamo fare i conti col tempo. E chissà perchè, quasi come il satòri, ci sembra di cogliere con maggiore chiarezza il significato di quanto già esposto in passato nel brano La linea della proattività e il sasso nel lago, col relativo schema che riportiamo di nuovo sotto.

La rotta della nostra nave

In quello schema abbiamo provato a riassumere, come una sorta di percorso iniziatico, tappe e consapevolezze per orientarci nella liquidità.

Si inizia col prendere confidenza con le regole della comunicazione. Passando dalla consapevolezza e presa d’atto che il nostro stesso comportamento, e dunque il nostro stesso essere, è fonte di messaggi comunicativi, come a dire se siamo in acqua è impossibile stare fermi. Tanto vale allora assumere l’iniziativa di  passare a che cosa comunichiamo. Con successiva inevitabile presa d’atto che ciò comporti interrogarci sul COME emettiamo i messaggi comunicativi.

La prova del messaggero

Essere nel campo visivo degli altri influenza la loro vista. Così emettere i nostri messaggi comunicativi comporta il gioco degli specchi. Io assumo ciò che gli altri mi comunicano come causa dei mie messaggi. Ma altrettanto vale per gli altri. Cosicchè un utile esercizio è sempre quello di chiederci perchè Tizio mi ha detto questo? Quanta causa ho io in quel messaggio che è anche di ritorno?  Difatti anche se incontrassimo qualcuno che non ci conosce e ci volesse incaricare di portare un messaggio ad un’altra persona, sarà inevitabile per lui tenere conto di come ci presentiamo ai suoi occhi.

Potrebbe ritenersi che in questo continuo tentativo di vedere la comunicazione in entrata come influenzata da quella in uscita possa portare ad una ingiustificata nostra  responsabilizzazione. Sennonchè ciò è implicato dall’assioma della circolarità della comunicazione. Per cui conviene direttamente darlo per scontato per scoprire, a questo punto, ciò che in altri brani abbiamo accennato. Ossia che la comunicazione è di per sè un gioco, che prevede anche la regola che non si voglia giocare (volontà che comunque non potrà non essere comunicata).

Un gioco sempre a portata di mano

—–continua——-

Pier Gavino Sechi.