Chi sono io

Premessa.

Chi sono io è il classico gioco introduttivo del training. Secondo il consiglio della variante (vedi sotto) perfettamente inseribile dentro il contesto metaforico prescelto dal trainer. E’ associabile anche ad altre modalità di presentazione. Come quella di presentarsi piuttosto che rifacendosi ai dati anagrafici e biografici suggeriti dal gioco, ricorrendo alla descrizione di ciò che vorremmo essere. In questo modo Chi sono io si presta particolarmente a che l’esperienza del training diventi una realtà per così dire onirica. Propedeutica sia all’esperienza teatrale, che proseguirebbe con la rappresentazione dei personaggi teatrali. Ma pure per introdurre i trainati alla tematica delle realtà parallele, tipiche dell’avvento della realtà digitale (la second life e la stessa cittadinanza digitale).

Non c’è dubbio, infatti, che la presa che su di noi esercita la realtà virtuale è la suggestione, perlopiù illusoria ma sino ad un certo punto, di poter da vivi vivere un’altra vita, una sorta di reset e palingenesi. Basata sulla proiezione sul proscenio del virtuale di ciò che vorremmo che gli altri sappiano di noi. Consapevoli che il giudizio che gli altri se ne faranno non potrà prescinderne. Insomma come se avessimo la possibilità nel quadro del gioco, già descritto, della Finestra di Johary, di iniziare da un nuovo e inedito quadrante consistente in “io voglio che gli altri sappiano di me”.

Se al titolo Chi sono io aggiungiamo il punto interrogativo, sembra doverci occupare di una di quelle domande epocali dalle risposte aperte. Ironicamente di solito associate alle altre del genere, da dove veniamo e dove andiamo. E però questa di oggi è una domanda davvero attuale. E non solo perchè questo periodo di pandemia prolungata, in cui sembra essere ancora lontani dall’esaurirsi delle lettere dell’alfabeto greco con cui stanno scandendo le varianti del Convid-19, ha scosso tutte le nostre certezze. Ma in quanto non abbiamo forse mai approfondito abbastanza da quali elementi abbiamo sempre tratto le risposte a quella impegnativa domanda.

 

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Pier Gavino Sechi.