Il teatro invisibile: il nostro vaccino gratuito.

Presentazione.

Uno dei giochi per molti versi dirompente del nostro patrimonio ludico è senza dubbio Teatro invisibile. Nella descrizione al termine del brano, non a caso, in grassetto, è stata inserita una segnalazione. Come se si trattasse di un oggetto pericolosissimo. E in effetti, quando lo sperimenti per la prima volta sulla tua pelle, difficilmente te lo dimentichi. E quando, come trainer, lo usi all’interno dell’agenda (ossia il percorso in cui si snoda il training) capisci bene quanta cura richiede, data la sua contagiosità. Benchè noi, appunto, proponiamo  “il Teatro invisibile: il nostro vaccino gratuito”. Pertanto, una volta superate le perplessità di parlarne in questa sede, proviamo a descriverne gli effetti. Consapevoli che, come per i ritrovati batteriologici, la cui preparazione è rinvenibile nel deep web, se non addirittura nel dark net, rischiamo di mettere a disposizione uno strumento molto pericoloso nelle mani sia di buoni che di cattivi, disposti, pur di averlo, a scenari come quello del film di George Pan Cosmatos Cassandra Crossing. Problema da non trascurare, qualora tra i cattivi si annidi un toxic leader.

Istruzioni per l’uso.

Ecco la prova delle cicatrici che Teatro invisibile aveva lasciato dentro e fuori i nostri corpi.  Per anni, nel gruppo di Cagliari, che diede vita alla Passaparola, ogniqualvolta una situazione appariva strana, serpeggiava un dubbio. Che si trattasse, appunto, di un teatro invisibile. Al quale, col senno di poi, va riconosciuto il merito di mettere in discussione le conoscenze che il gruppo aveva acquisito sulla comunicazione umana. Aprendoci così, senza che allora ne fossimo ancora consapevoli, alle problematiche che si pongono quando si passa ad analizzare la comunicazione dal piano della diade a quello che Ricci chiama Sistema Esteso di Comunicazione.

Ciò significa che, dopo una prima esperienza, nulla impediva, data la sua elementare semplicità organizzativa, che lo strumento, fuori dal training trovasse impiego in qualsiasi altro contesto. Portando all’ennesima potenza gli insegnamenti di Gregory Bateson. Che, come un nume tutelare ci accompagnava e ci accompagna tuttora, in questa promenade dal leggero torpore tra la post e nuova ondata covid.

La metafora del grande Teatro.

Del resto, non c’è nulla che possa meglio simboleggiare l’attuale condizione in cui versa l’umanità alle prese con l’emergenza sanitaria, se non un grande Teatro invisibile, che dia senso e sfogo a qualsiasi sensazione. Col rischio di una seconda ondata, infatti, passata l’idea che la pandemia sia un grande Carnevale, oggi il Teatro invisibile si presta ad esprimere l’idea di un gioco che, per essere tale, sta durando sin troppo. Con tutti i conseguenti contraccolpi di accentuazione delle sensazioni del periodo precedente e di esasperazione delle proprie convinzioni. Come se, in questo momento di insicurezza, quelle siano l’unico appiglio di certezza.

Controindicazioni.

Si capisce bene che usare il Teatro invisibile fuori dalla sua cornice originaria del training ha, dunque, un effetto di smottamento tra il reale e l’artefatto, dalle proporzioni difficilmente calcolabili. Poiché da quel momento ogni situazione potrebbe essere stata ordita da un regista occulto.  Che trama nell’ombra (un trainer impazzito, o un trainato vendicativo incline a diventare un sorta di serial e serious killer?) stando a distanza di sicurezza per godersi la scena del “che effetto che fa”.

Come tutte le cose pericolose, però, io propongo, se maneggiato con cura, preso dalla nostra valigia degli attrezzi, il Teatro invisibile come vaccino gratuito. In grado, in attesa di quello tanto atteso del Covid 19, che prevenga l’azione del virus. Ma soprattutto, plachi i nostri sensi di colpa per essere parte delle cause che lo hanno messo in circolo. Per  riprendere tutti la cosiddetta vita normale. Anche coloro che credono che cento anni luce, che ci separano da altri pianeti ospitali per la vita, significhino averli dietro l’angolo.

A riprova che sta venendo meno persino l’ultima spinta ad investire i capitali sulla morale.  La nostra terra, difatti, non sarebbe più l’unica che abbiamo, ma è anch’essa sostituibile, come un grande limone spremuto. Perciò che senso avrebbe, per questi, smettere di far suonare l’orchestra del Titanic che affonda?  A ben vedere, infatti, con buona pace dei pessimisti, il gran transatlantico delle vanità starebbe solo cadendo in basso per rimbalzare verso vette ancora più alte. La sorte dell’umanità si confermerebbe, dunque, parafrasando Ettore Petrolini, più bella e più superba che pria.

I timori della lobby del farmaco.

Proviamo persino un certo imbarazzo nel dichiararlo: abbiamo noi in mano la ricetta del vero vaccino anti covid. Anzi, e questo è il dato più impressionante, un vaccino antitutto. Lo sappiamo, ciò ci creerà un sacco di problemi. Se pensiamo che agguerritissime equipe di scienziati in tutto il mondo si stanno dannando l’anima per metterne a punto uno. Sarebbero nella fase tre. E ci sarebbero arrivate in tempi così rapidi che non ci sono precedenti nella storia della medicina. Lo sappiamo, ci metteranno alla berlina, Diranno che, di fronte a tanto dispiegamento di forze, noi (chi siamo noi?) avremmo la pretesa di avere già in mano il vaccino.

Ebbene si, è meglio che tutti se ne facciano una ragione. Lo ribadiamo. Abbiamo Teatro invisibile: il nostro vaccino gratuito.

In attesa di decidere come devolvere la somma del premio Nobel (se mai ci verrà conferito tenendo conto degli ostacoli e dei boicottaggi) ecco che, molto sinteticamente, anticipiamo il contenuto di ciò che diremmo all’Accademia reale delle scienze di Stoccolma.

Beninteso, non siamo all’altezza, nemmeno lontanamente, di “essere” il discorso che fu (non fece) Dario Fo, quando nel 1997 andò a ritirare il premio nobel per la letteratura. Per capire che non abbiamo fatto errori di stampa e che davvero in quell’occasione il Nostro non fece, ma fu il discorso di ringraziamento vai su Dario Fo ritira il premio Nobel

La teoria del vaccino.

Cerchiamo quantomeno di rendere chiare le ragioni che stanno alla base dell’efficacia del nostro vaccino.

Anzitutto è l’idea stessa di vaccino che a ben vedere si ispira, ante litteram, al paradosso molto in linea con l’insegnamento batesoniano. Specie se pensiamo che agli albori della medicina si cercò di guarire le malattie cercando di far espellere dal corpo umori e liquidi.  Come se si trattasse di stabilire un nuovo equilibrio interno, se non proprio di espellerne le cause dirette. In una seconda fase, invece, si giunse a ritenere che il corpo debba ricevere dall’esterno ciò che gli serve per guarire.

Il primo vaccino.

Ma a nessuno prima di Edwuard Jenner venne in mente di instillare nel corpo la causa stessa della malattia da scongiurare. Si può ben capire come dovette essere considerata l’idea. Si trattava di convincere gli scettici (specie i primi sottoposti al vaccino) che iniettare una dose di ciò che avrebbe potuto far sorgere la malattia, avrebbe avuto un effetto benefico. E se permettete, ciò è qualcosa di più che trovare una soluzione di tipo 2 ad un problema che le soluzioni di tipo 1 non riescono a risolvere. E’ come se nell’esercizio di nove punti le linee risolutive venissero tracciate fuori dalla schema, ma non sul foglio quanto superandolo come se fosse tridimensionale. Come se, per stare agli esempi classici di salto di livello logico, anzichè cambiare marcia, dopo aver percorso accelerando un tratto di strada, facessimo decollare la nostra auto. In sostanza Edward Jenner è come se avesse avuto accesso ad un cambiamento di tipo 3.

Inoltre, la ragione fondamentale dell’efficacia del vaccino sta nel fatto che applica  la teoria dell’informazione alla medicina. In che cosa consiste, altrimenti, il meccanismo che il vaccino attiva nel nostro organismo? Se non quello di comunicare al sistema immunitario l’identikit del virus, così da riconoscerlo e neutralizzarlo quando si dovesse manifestare in forze dopo il contagio?

Le proprietà del teatro invisibile: il nostro vaccino gratuito.

Il principio attivo del nostro vaccino gratuito Teatro invisibile non si presenta molto diverso.

Dato l’insegnamento di Gregory Bateson, per il quale non esiste esperienza oggettiva, secondo noi il vaccino va somministrato per sottoporci al crollo controllato di essa. In modo tale che si diventi immuni a tutti i tentativi di farci credere che sia uno soltanto il modo di vedere la realtà. E sappiamo di quanto abbiamo bisogno di ciò proprio e soprattutto nell’epoca del pensiero unico. E quanto necessiti alla Generazione covid, proprio per non credere al messaggio che non c’è un domani. Insomma il Teatro invisibile assunto come vaccino gratuito per assistere senza angoscia al crollo dell’ oggettività come davanti a all’implosione di un edificio sbriciolato dalle cariche di dinamite. Basta una quantità corrispondente a quella precisa dose di agenti patogeni della malattia che ogni vaccino aspira a scongiurare. Con la precisazione che la malattia, per noi, è appunto credere all’oggettività (e dunque a incrollabili verità) ma non certo il tramonto dell’oggettività. Di cui l’effetto collaterale sarebbe l’angoscia.

La soggettività per noi significa avere chiarezza di come funziona la percezione, secondo le intuizioni del passato in diversi campi, confermate dagli studi delle neuroscienze. Ma avere una chiave più efficace per leggere l’epoca attuale e gettare i presupposti per interessanti forme di costruzionismo sociale.

Cosa non facile dato che su di essa pesa la definizione, da cui vorremmo ripartire nel prossimo brano, di epoca delle passioni tristi.

Pier Gavino Sechi.